Idee Macro dalla Svizzera 11/2014

Idee Macro dalla Svizzera
" L’ETA’ DELLA SABBIA "


A cura di:
Gianluca Gabrielli - Senior Advisor Portfolio Manager
report di novembre 2014.

spiaggia-sabbia-doro_1071711PREMESSA
Supponete di alzarvi una mattina e leggere sul giornale il seguente articolo:
 
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Rimarreste sicuramente
attoniti, ma poi, leggendo attentamente i commenti a caldo e i twitt del nuovo giovane leader italiano, (anzi sono sicuro che indirebbe una conferenza stampa per dire che questa idea brillante l’ha suggerita lui a Draghi!), tutto diventerebbe chiaro:

2.000.000 di nuove partite IVA solo in Italia (ossia tutti i disoccupati dotati di paletta e secchiello) e conseguente piena occupazione;

l’impennata di vendite di Apecar e bidoni per il trasporto di sabbia (ecco finalmente ripartire il ciclo del credito!);

la nascita di centinaia di società di trasporto e stoccaggio;

un nuovo ciclo edilizio per la costruzione di giganteschi silos dove immagazzinare tutta la sabbia consegnata a Draghi.

Senza trascurare l’impatto sui servizi: vigilanza dei silos (la sabbia a 10 euro il kg è molto preziosa!) ristorazione veloce (chioschi e bar) in prossimità di spiagge e cave brulicanti di lavoratori.
Per non parlare della mole di lavoro che aspetterebbe strategist ed analisti che farebbero a gara ad assegnare target price sempre più elevati a tutte le società coinvolte in questa nuova rivoluzione industriale.

Una nuova era di benessere di crescita del PIL a doppia cifra!

Perché nessuno finora (ad eccezione del Giappone una settimana fa e, sono sicuro, di Renzi) ha mai neanche pensato una cosa del genere? Semplice!
Perché una mossa del genere causerebbe l’azzeramento del valore della moneta, ossia l’azzeramento del suo tasso di cambio contro beni, contro asset e contro le altre valute. Perderebbe valore contro qualsiasi “cosa” dotata di un valore intrinseco superiore a quello della sabbia. Quella moneta verrebbe ripudiata! Se tutta la base monetaria creata da una banca centrale avesse come contropartita sabbia acquistata a 10 euro al KG (rispetto ad un valore intrinseco di 25 euro per tonnellata) tutti gli operatori dovrebbero incorporare aspettative di un deprezzamento del valore “reale” della moneta del 40.000%.

Sono certo però che questa spiegazione non convincerebbe Renzi & C:
sosterrebbero che il mercato ha sempre ragione e che fino a che la BCE paga 10 euro il kg quello è il valore corretto della sabbia e non 25 euro a tonnellata, e che comunque il ripudio della moneta non è un fenomeno ne immediato ne scontato.

La BOJ non ha forse annunciato la monetizzazione del proprio debito e lo YEN è ancora a 115Y/$? Nel mondo reale, non è facile stabilire se la BOJ sta comperando carta straccia o se i JGB hanno un valore intrinseco (legato al rendimento e/o al concetto di riserva di valore).

Continuando su questa strada non se ne esce. Per capire perché nessuno si è spinto cosi avanti dobbiamo guardare alle ricadute sul mondo reale di tale manovra e noi ne abbiamo identificate tre.

1) Ogni volta che una banca centrale agisce sui mercati interferisce nel processo di formazione del prezzo e quindi nella allocazione delle risorse. Pensate al nostro esempio. Migliaia di litri di benzina, manodopera, plastica, materie prime, ore di lavoro, impiegate per trasportare sabbia da Forte dei Marmi al silos di stoccaggio più vicino. Crollo delle iscrizioni alle scuole secondarie di secondo grado, per non parlare di quelle universitarie. Dopo qualche anno ci troveremmo un’economia distrutta, ossia con un forte disavanzo commerciale causato da una economia di fatto mono-prodotto su un settore a bassissimo valore aggiunto. Ogni volta che una banca centrale agisce sul mercato interferisce sulla efficiente allocazione delle risorse. Questo è il motivo per il quale, quando agisce, mai e poi mai, in linea di principio, dovrebbe agire su attività detenute dal settore privato ma eventualmente da quelle del settore pubblico.

Se una Banca centrale compra un ETF azionario o se lancia un LTRO, cari fautori dei QE, l’impatto sull’allocazione delle risorse è garantito.
Avvantaggia Seat PG (ed il suo fantastico servizio ad alto valore aggiunto 89 24 24) oppure le Banche (e la loro ben nota abilità nell’assegnare credito in maniera efficiente) mentre costringe metà industria a delocalizzare. Ogni ETF comprato ogni LTRO è un granello di sabbia nell’ingranaggio della allocazione efficiente delle risorse.
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Il grafico precedente che mostra il declino del settore privato e la forza del settore pubblico, non è forse il frutto di quello che vedete nel grafico che segue?
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2) Ogni volta che una banca centrale acquista direttamente titoli pubblici, sicuramente diminuisce il rischio di alterare la concorrenza nel settore privato (a meno che non ci sia Renzi come PM e allora i soldi alterano lo stesso il settore privato grazie a “regalie” come la rivalutazione di Banca d’Italia) ma aumenta comunque il rischio di abbassare la produttività complessiva del sistema.

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Il Grafico qua a fianco, tratto da uno studio dell’IMF mostra chiaramente che la produttività di un paese (TFP = total facor productivity) scende all’aumentare dello stock di debito.
Lo studio si riferisce ai paesi in via di sviluppo, ma in fatto di clientele e sprechi l’Italia non ha nulla da invidiare a nessun emerging market.


3) Ogni volta che una banca centrale espande il proprio bilancio impatta i prezzi o dei beni di consumo o delle attività (finanziarie e reali) o di entrambi. Pensiamo al nostro esempio. L’impatto sulla attività finanziaria è chiaro: la sabbia passerebbe da 25 euro a tonnellata a 10 euro al kg, con un aumento esponenziale. L’impatto sui prezzi al consumo sarebbe più lento e avrebbe a che fare con i margini elevati nel settore dell’estrazione sabbia che porterebbero all’afflusso di risorse (capitali e manodopera) in questo settore fino a quando anche tutti i restanti settori non offrissero la medesima remunerazione dei fattori (a 10 euro al kg di sabbia, quanto deve guadagnare all’ora un dentista per non abbandonare il camice ed andare a Forte dei Marmi?).
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Sia l’inflazione dei beni di consumo che degli asset sono pericolose perché possono portare ad un aumento INGIUSTIFICATO DELLE DISEGUAGLIANZE, o attraverso un calo dei redditi reali (se i salari non aumentano come l’inflazione) o attraverso la maggior difficolta del risparmio ad acquistare attività finanziarie o reali (ossia tecnicamente si assiste ad un aumento del rapporto tra STOCK DI RICCHEZZA e PIL).

Perché ingiustificato? Torniamo al nostro esempio. Tra i due milioni di disoccupati ci sono quelli che hanno una dotazione di capitale iniziale e altri no. I primi possono comprare apecar e palette a gogò e anche assumere disoccupati che invece come unica dotazione di capitale hanno la paletta ed il secchiello del figlio. I primi potranno appropriarsi di parte del valore aggiunto prodotto dai secondi. Tale appropriazione non necessita, come condizione, del possesso di competenze tecnico produttive di maggiore efficienza ma sarebbe solo sufficiente avere una dotazione di partenza.

Il rischio è quello di avere una società meno capitalistica e più Feudale, non legata al merito ma legata all’appartenenza a caste. Come può minimizzare questi tre rischi una banca centrale? O attraverso limitazioni esterne, tipo l’iniziativa referendaria come quella che avrà luogo in Svizzera a fine novembre, o attraverso regole di comportamento che preveda dei limiti interni.

Limiti di genere, ossia evitare l’acquisto di attività finanziarie private per interferire il meno possibile con la formazione dei prezzi. Limiti di ammontare nell’acquisto di titoli pubblici per evitare un calo della produttività dei fattori e quindi dell’output potenziale ma soprattutto per evitare il rischio di inflazione o dei beni al consumo o delle attività finanziarie. In termini pratici, le finalità di cui sopra possono essere garantite da una unica semplice regola:

acquistare attività finanziarie solo nel caso in cui le medesime quotino al di sotto del loro fair value (limite qualitativo).

Draghi freme per poter comprare sabbia (pardon BTP). E’ paradossale che solo i tedeschi vogliano impedire a DRAGHI la distruzione di quel che resta della economia italiana.
La BoJ è stata costretta a comprare sabbia (pardon JGB) e le conseguenze di uno YEN a 250 contro dollaro saranno esattamente uguali a quello descritte nella premessa.
Questi erano i pensieri scatenati dalla mossa della BoJ. Adesso è giunto il momento di metterli in ordine, di formalizzarli, di inquadrarli in un contesto storico.

E’ tempo di passare, dai pensieri in liberta, alla teoria.

Siamo pronti per entrare nell’ “età della sabbia”.

L’ETA’ DELLA SABBIA

In fondo l’analisi della Crescita del GDP è una cosa molto semplice:

CRESCITA DEMOGRAFICA

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+

CRESCITA DI OUTPUT PER ADDETTO

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=

TASSO DI CRESCITA DEL PRODOTTO INTERNO LORDO:
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La relazione è vera nel lungo periodo, al di là delle fluttuazioni nel tasso di disoccupazione rispetto al suo valore medio.

La semplicità della relazione ci permette di capire che l’ostacolo più grande alla crescita non è solo la demografia negativa. Il pericolo più subdolo è della produttività marginale decrescente. Molto peggiore perché la conseguenza di tale fenomeno è quella evidenziata nel grafico che segue:
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Tutti I paesi industrializzati mostrano un trend crescente della “quota dei redditi di capitale in percentuale del totale del reddito nazionale”: da un valore medio del 18% nel 1975 ad un valore intorno al 28% nel 2010.

Questi dati confermano quanto si intuiva dalla tabella a pagina 15.
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Perché questo è un pericolo alla crescita? Lo possiamo capire se confrontiamo il Prodotto interno Lordo con il Reddito nazionale lordo. Il passaggio da salari a redditi di capitale ha un impatto negativo sui consumi personali se: a) il capitale è concentrato, b) chi detiene il capitale ha propensione al consumo inferiore a chi percepisce i salari.
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Il concetto è: se riduco lo stipendio di 100 euro annui a 10.000 operai della FIAT, con propensione al consumo 100%, a meno che i 10.000 operai siano anche azionisti (oppure gli azionisti hanno la medesima propensione al consumo degli operai) l’ impatto sul GDP è negativo.

Purtroppo il capitale è molto concentrato. La tabella che segue ci è relativa alla distribuzione di ricchezza negli USA. Lo 0,1% della popolazione detiene il 22% della ricchezza. Il 10% detiene l’ 80% della ricchezza.
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Ossia il medesimo ammontare del 90% della popolazione. 
Il Trend anche qua parte da meta anni 1970.
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Dal 1986 il tasso di incremento della ricchezza e del reddito del 90% della popolazione è inferiore all’ 1% all’ anno mentre per il 10% è superiore al 2%.

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La propensione al risparmio del 90% della popolazione più povera è stata in media pari a 0%, quella del restante 10% è stata del 22%.

Nel periodo 1929 al 1986 la situazione era invertita.

Anche in Italia la ricchezza è molto concentrata, anche se meno che negli Usa, e anche in Italia la propensione al consumo scende all’ aumentare della ricchezza.

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Come mai allora il Prodotto interno lordo è cresciuto al ritmo della produttività ? Grazie al sempre crescente ricorso al debito, reso possibile dal fiat money prima (moneta non coperta da riserve, inizio anni ‘70) e dalla deregulation bancaria poi (inizio anni ‘90). Le banche centrali hanno conciliato l’ inconciliabile:

CONCENTRAZIONE DELLA RICCHEZZA E CRESCITA. Il grafico che segue, non è solo l’ andamento del tasso di risparmio del 90% degli statunitensi. E’ la foto dello sterminio della classe media americana.

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Non stupisce allora che i beneficiari di processo abbiano visto un incremento della loro ricchezza principalmente nella componente Fixed income claims rispetto alle altre forme.

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Non solo il debito ha permesso che la redistribuzione dei redditi da salario a capitale non bloccasse la crescita economica ma addirittura proprio quei debiti hanno permesso allo stock di capitale di crescere. A che punto siamo oggi in questa tendenza alla crescita dello stock di capitale, misurata, ad esempio, in termini di «anni» di reddito disponibile? Storicamente, molto avanti, quasi al capolinea in Europa.
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Molto indietro Negli USA. Più il capitale è caro rispetto al reddito, più è impossibile uscire da quel 90% della popolazione che non lo possiede. Tanto più il capitale è «caro» rispetto al reddito, tanto più il sistema non permette l’allargamento dei benefici di una quota crescente dei redditi di capitale. Tanto più il sistema dipende dalla dotazione di partenza e non dalle proprie competenze (ricordate la premessa?)
 
La ricchezza, se non distribuita equamente, o, peggio, se ha un peso eccessivo sui redditi, è un cancro per l’ economia, la distrugge impedendo qualsiasi forma di rinnovamento. Non è una questione morale, è una questione economica. Oggi, in Italia servono 9 unità di reddito per una unita di capitale. Erano 3 solo trent’anni fa. Vi sembra cosa da poco? E allora ditemi, secondo voi,
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quale è il livello oltre i quale una società può essere definita feudale? Il livello oltre il quale diventa impossibile qualsiasi tipo di mobilità sociale? Quale è il livello che ci fa passare da un sistema capitalistico ad un sistema di casta? Ecco perché bisogna gioire troppo. Negli Usa per acquistare una unita di capitale servono solo 4 annualità di reddito.
 
Ma le colpe delle banche centrali moderne non finiscono qua. Le politiche del QE, quelle tanto care a Draghi, Non solo agiscono sullo stock di ricchezza ma anche sul valore della medesima. Valutate voi stessi l’ effetto prezzo, sull’ incremento dello stock di ricchezza, relativamente alla componente azionaria attraverso l’ indice Q di Tobin (http://it.wikipedia.org/wiki/Q_di_Tobin). Siamo passati da valori pari a 0,4 negli anni ‘80 a valori medi intorno ad 1 oggi.

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Più le Banche centrali parlano di QE e quindi di formazione di debito ad oltranza, più il mercato reputa coniugabili la crescita economica con l’ aumento della quota di valore aggiunto a remunerazione del capitale. Più i prezzi del capitale salgono e più aumenta l’ impossibilità di equi-distribuire il possesso del capitale.

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Abbiamo chiuso il cerchio. Adesso premessa e tesi sono due lati della stessa medaglia. Provate a rileggere la prima adesso, dopo che avete visto i dati su disuguaglianza, produttività e stock di ricchezza.
Abbiamo capito i punti deboli del sistema.

Togliere valore al denaro distrugge il capitalismo.

Eccessiva concentrazione della ricchezza deprime i consumi.

Eccessivo stock di ricchezza rispetto al reddito sclerotizza in caste la società

Purtroppo la crescita economica non nasce dal debito ma da DEMOGRAFIA + PRODUTTIVITA’

Adesso abbiamo tutti i mezzi per capire l’importanza di questo intervento:

Jaime Caruana, General Manager at the Bank for International Settlements during the International Finance Forum 2014 Annual Global Conference in Beijing, on 1 November 2014

“In my introduction, I said that the debt trouble comes in threes. At the origin is the build-up of financial imbalances that leads to excessive credit growth. What are the three types of trouble?
The first and the most obvious: the build-up of financial imbalances risks a future financial crisis, an impaired financial sector and a debt overhang
The second, but less obvious, kind of trouble is that debt accumulation fosters misallocations of real resources.
The GDP and credit growth in the pre-crisis boom years were not evenly spread. They were concentrated disproportionately in specific sectors. For instance, in countries like Spain and Ireland, growth in the boom years was largely propelled by the construction sector as well as finance. Leverage can distort investment decision-making, giving incentives to put resources into projects that promise quick, measurable returns, rather than into longer-term ventures with less certain but potentially more valuable rewards. Such incentives are arguably stronger when leverage is cheap.
The consequence of this association between debt accumulation and real resource misallocation is important. When boom turns to bust, the bloated sectors will have to shrink. Reviving growth in this kind of recession requires flexibility and capacity in the economy to reallocate resources efficiently from less productive to more productive sectors.
Third, financial booms mask deficiencies in the real economy. Credit booms can act as a smokescreen. They tend to mask the sectoral misallocations that I just described, making it difficult to detect and prevent these misallocations in time. Boom times also tend to hide other slow-moving forms of deterioration in real growth potential. One such example is the trend decline in productivity growth in the advanced economies that started decades ago. Arresting this decline is crucial to achieving sustainable economic growth. Additional examples are adverse demographics and the secular decline of job reallocation rates.
Moving away from the debt-driven growth model of the last few decades is in my view essential in order for the global economy to truly recover from the crisis. This will require efforts from the public and the private sector alike to restore the resilience and reliability of the financial system. But no less importantly, it will require a rebalancing of economic policies so as to support greater flexibility and productivity in the real economy. In other words, a wider but country-specific reform agenda is needed.”

Elevati livelli di indebitamento unitamente ad accresciute diseguaglianze nella distribuzione nella ricchezza nonché elevati valori nel rapporto tra stock di capitale e reddito faranno si che tassi di crescita del PIL dei paesi del G7 determineranno che:

PIL < incremento Demografico + incremento produttività

Bassi tassi di crescita in Europa sono strutturali e determineranno alla fine un calo del rapporto tra stock di ricchezza e reddito.

Il calo dello stock di ricchezza per ogni paese sarà tanto più concentrato nella componente BONDS, tanto più quel paese abbia l’impossibilità di veder aumentare i salari per motivi di competitività: il calo dello stock di ricchezza riguarderà principalmente il valore dei Bonds e non dell’Equity in tutti quei paesi che non possono aumentare la quota salari.

I paesi che aumenteranno i salari non deprimeranno il valore del proprio stock di ricchezza se riusciranno (svalutazione, dazi, protezionismo) a non alimentare la domanda altrui. In altre parole sarà sempre più crescente il rischio di un ritorno al protezionismo tanto più assisteremo a tentativi di svalutazione come quello giapponese.

I paesi forti, potrebbero trovare conveniente non svalutare per seguire i paesi deboli ma usare la forza della loro valuta per accumulare attività finanziarie nei paesi costretti a svalutare.

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