Idee Macro dalla Svizzera 26/06/2015

Idee Macro dalla Svizzera
" IL LEADER "


A cura di:

Gianluca Gabrielli - Senior Advisor Portfolio Manager

grecia-euroPREMESSA:
Eccoci, oramai ci siamo. Tra poche ore la Grecia conoscerà il suo destino.

Molto probabilmente, qualora il governo greco dovesse accettare un accordo con i creditori, sul paese cadrà l’oblio. Non sentiremo più parlare di questo paese. Ci scorderemo di quel buffo team di dilettanti allo sbaraglio senza cravatta, ci dimenticheremo della fila agli sporteli bancari.

Nessuna notizia proveniente da quel paese turberà più il sonno degli investitori. Il paese continuerà
il suo inesorabile cammino verso la morte economica, ma questa volta senza la luce dei riflettori.

La Grecia farà la stessa fine di quelle sonda spaziali che, esaurita la loro funzione, si perdono e vanno a distruggersi nel vuoto siderale. Il buio ed il silenzio.

Questo sarà quello che circonderà la Grecia.

Purtroppo il destino del popolo greco e della Grecia è stato deciso esattamente 5 anni fa, quando quel genio di Papandreou, decise di passare alla storia come un “leader” e mise le basi per la scelta economica più demenziale mai pensata da un primo ministro:

trasformare il 100% del debito del proprio paese da interno ad estero; trasformare un debito retto dalla legge nazionale in un debito bilaterale governato dal diritto internazionale.

Quello è stato l’errore più grande. Non l’austerity. L’austerity era reversibile, il cambio di creditore no.
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Il debito interno era ristrutturabile e avrebbe dato alla Grecia un forte potere negoziale. Il debito internazionale è molto meno maneggiabile. Bella idea sostituire il parlamento greco con la Troika.
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Ecco perché Tsipras, non otterrà nulla. E sicuramente non avrà il coraggio di fare la cosa giusta: infatti solo un errore di valutazione, un incidente di percorso o un malinteso porterà la Grecia fuori dall’ Euro (restituendo al paese almeno la speranza di un futuro migliore e non il vuoto siderale).

Credo allora valga la pena ricordare quanto dicevo nel 2010 riguardo alla Grecia, per evitare che gli investitori facciano oggi gli stessi errori di allora.

Una scommessa sbagliata sull‘Italia costerebbe immensamente di più di quanto è costata quella sul debito greco.

IL LEADER

Come ogni termine, anche la parola “leader” assume significati ed accezioni diverse a seconda dell’argomento trattato. A noi oggi interessa proporvi il significato che tale termine assume nell’opera di Gustav le Bon “la psicologia delle masse”.

Il leader, sostiene Le Bon, è colui che sa cogliere i desideri e le aspirazioni segrete della folla e si propone come l'incarnazione di tali desideri e come colui che è capace di realizzare tali sogni. Per il leader, l’ illusione risulta essere più importante della realtà, perché ciò che conta non è portare a compimento «quei» sogni quanto far credere alla folla di esserne capace.

“Nella storia - aggiunge Le Bon - l'apparenza ha sempre avuto un ruolo più importante della realtà". Le folle non si lasciano influenzare dai ragionamenti. Le folle sono colpite soprattutto da ciò che vi è di meraviglioso nelle cose. Esse pensano per immagini, e queste immagini si succedono senza alcun legame. L'immaginazione popolare è sempre stata la base della potenza degli uomini di Stato, dei trascinatori di folle, che il più delle volte, non sono intellettuali, ma uomini d'azione.

“Per quanto assurda sia l’idea che difendono o lo scopo che perseguono, qualunque ragionamento si infrange contro le loro convinzioni.”……“Interesse personale, famiglia, tutto è sacrificato. Perfino l’istinto di conservazione è distrutto, al punto che il martirio costituisce spesso l’unica ricompensa. Non è un caso che Lenin, Stalin, Hitler lessero meticolosamente. Anche Mussolini fu un fervido ammiratore dell'opera dello psicologo francese.

L’ Europa è sempre stata generosa nel partorire Leader, nell’accezione che Le Bon da del termine, ed anche oggi ne abbiamo diversi. Per nostra fortuna la loro attenzione non è rivolta, come nel passato, al tentativo di affermare una supremazia razziale o al tentativo di conquistare “spazi vitali”o “posti al sole”. La loro attenzione è rivolta a mantenere in vita il sogno dell’Euro.

Rileggiamo le parole di Le Bon:

“Per quanto assurda sia l’idea che difendono o lo scopo che perseguono, qualunque ragionamento si infrange contro le loro convinzioni. ………. Perfino l’istinto di conservazione è distrutto, al punto che il martirio costituisce spesso l’unica ricompensa.”

Una volta lette non posso fare a meno di pensare a quelle pronunciate da Papandreou:

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Queste parole dimostrano che Papandreou è un vero “leader”:

“Interesse personale, famiglia, tutto é sacrificato. Perfino l’istinto di conservazione è distrutto, al punto che il martirio costituisce spesso l’unica ricompensa”.

Non troverei altro modo di definirlo, se non martirio, il tentativo di ridurre in 3 anni di oltre 10 punti percentuali il rapporto deficit pubblico / PIL in assenza di stabilizzatori quali inflazione e/o svalutazione del cambio. Anche per il Presidente della repubblica ceca Klaus è una follia:

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Ma è possibile che nessuno, a parte Klaus, si chieda in Grecia, in Italia, in Francia quale sia l’utilità di una moneta unica? Nessuno che si chieda perché Svezia, Norvegia, Svizzera, Gran Bretagna non abbiano reputato opportuno aderire all’Euro? Qualcuno dei nostri “leader” ha analizzato i costi benefici della rinuncia a valuta e politica monetaria propria? E, nel caso, era corretto rinunciarvi a favore della Germania?

Ma figuriamoci. I nostri leader “affermano di avere una missione speciale, una esclusiva conoscenza o illuminazione”: l’Euro è una missione è un feticcio. Non importa quanto costi mantenerlo in vita, non importa che sia una scommessa che la storia dimostrerà fallimentare.

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Perché, malgrado lo sbarco in Normandia il 6 giugno 1944, la guerra in Europa finì solo un anno dopo, l’8 maggio 1945? Il perché è sempre in quelle parole che identificano il «leader»: “Interesse personale, famiglia, tutto è sacrificato. Perfino l’istinto di conservazione è distrutto, al punto che il martirio costituisce spesso l’unica ricompensa”.

Il “D-day” per la Grecia penso sia scoccato il 20 ottobre 2009 (annuncio della revisione del deficit greco 2009). L’Euro per la Grecia è a mio avviso una scommessa già persa per diversi motivi:

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perché i tassi di interesse che la Grecia paga sono simili a quelli turchi e non a quelli tedeschi?
Perché i tassi reali in Grecia sono più alti di quelli turchi, perché la disoccupazione è simile a quella turca più che a quella tedesca, perché la crescita reale è ora più alta in Turchia che in Grecia. Perché all’interno dell’Euro, crescita economica reale è sinonimo di aumento del divario commerciali reale tra gli aderenti:

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Sempre riguardo alla Grecia, poi, va chiarito che i dati sul miglioramento del deficit da Gennaio a Giugno 2010 non sono così positivi come sembrano: 5 mld (su 8 mld totali) del miglioramento non paiono strutturali e andranno recuperati con un’altra manovra.

bilancio



b) 2 mld sono minori investimenti non minor spesa corrente.


c) La spesa per interessi è scesa malgrado i tassi siano saliti di 3 punti e nel frattempo, solo di titoli a medio lungo termine, siano stati emessi 30 mld di bonds da maggio 2009 ad aprile 2010. Mancano 2 mld di euro. Forse hanno fatto uno SWAP con Goldman Sachs.


Siamo consapevoli che cercare di dimostrare che per la Grecia l’Euro sia una scommessa persa attraverso l’ analisi delle manovre di rientro del deficit pubblico sia un esercizio inutile.

Non potremmo mai riuscirci dato che l’Euro è nato grazie a deroghe, trucchi contabili e manovre strutturali solide come il Silver bridge (Ohio River, Ohio USA).

L’Italia stessa entrò usando la fantasia! Ve la ricordate la manovra Prodi 1996?

Anticipo di tassazione del TFR (0,4% del Pil) e contributo straordinario per l’Europa (la famosa “eurotassa”: 0,6% di Pil), oltre a qualche bella operazione di swap su Yen giapponese ci garantirono l’ingresso. Basilare fu anche la deroga concessaci dai tedeschi al rispetto del parametro di Maastricht del rapporto Debito / Pil non superiore al 60%. Non fu deroga da poco, quasi 60 punti percentuali.

Vogliamo allora provare a dimostrare, che per la Grecia l’Euro è una scommessa persa, andando a verificare le relazioni stabili e ricorrenti, che si sono riscontrate, nel corso delle ultime recenti crisi finanziarie, determinate dall’ adozione di precedenti vincoli valutari:

Messico 1994
Thailandia 1997
Argentina 2001
Grecia 2009

Fondamentale per il proseguo è ricordare che in una economia aperta:

Y = C + I + G – X

Il Reddito Y è uguale alla somma di Consumi, Investimenti, Spesa Pubblica a cui va sottratta la domanda netta verso beni esteri (ossia il disavanzo commerciale)

Argentina

In Argentina i primi 3 anni del quinquennio che ha preceduto la crisi (ossia dal 96 al 98) abbiamo avuto Crescita del PIL, Crescita delle importazioni e crescita del deficit commerciale. Il Paese aveva adottato un cambio fisso col dollaro:

1 peso per un dollaro.

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Da giugno ’98 a tutto il 2001 a seguito del peggioramento del saldo commerciale e conseguente aumento del debito estero, l’Argentina agisce per diminuire la domanda aggregata: si riducono anche le importazioni, ma l’avanzo commerciale non migliora a tal punto da compensare la minor domanda e il Pil nominale si contrae.

imageA fine 2001 l’Argentina svaluta passando in poco meno di un anno da 1 peso per dollaro a 3,6 peso per dollaro

(oggi siamo a 4 peso per dollaro)
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Il PIL si riduce della metà, le importazioni di due terzi e la bilancia commerciale diventa fortemente attiva già ne corso del 2002. Il riequilibrio è in atto e dopo solo 4 anni dalla svalutazione il PIL è raddoppiato, l’avanzo di bilancia commerciale triplicato così come le importazioni. Questo ultimo fenomeno testimonia la capacità della svalutazione di ricomporre in maniera competitiva i saldi commerciali con l’estero



Thailandia

In Thailandia i primi 3 anni del quinquennio che ha preceduto la crisi (ossia dal ‘93 a metà ‘96) abbiamo avuto Crescita del PIL, Crescita delle importazioni e crescita del deficit commerciale. Il Paese aveva adottato un cambio fisso col dollaro:

25 bath per un dollaro.

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Da fine ’95 a inizio ’97 a seguito del peggioramento del saldo commerciale e conseguente aumento del debito estero, la Thailandia agisce per frenare la domanda aggregata: si riducono anche le importazioni, ma la bilancia commerciale non diventa positiva malgrado un miglioramento sensibile.

imageA metà 1997 la Thailandia svaluta passando in poco meno di un anno da 25 bath per dollaro a 55 bath per dollaro

(oggi siamo a 32 bath per dollaro)
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Il PIL si riduce della metà così come le importazioni. La bilancia commerciale da passiva diventa fortemente attiva già nel corso del ‘97. Il riequilibrio è in atto e dopo solo 4 anni dalla svalutazione, il PIL è aumentato del 40%, l’avanzo di bilancia commerciale è stabile malgrado le importazioni crescano del 70%. Questo ultimo fenomeno testimonia la capacità della svalutazione di ricomporre in maniera competitiva i saldi commerciali con l’estero

Messico

In Messico i primi 3 anni del quinquennio che ha preceduto la crisi (ossia dal ‘90 a inizio ‘93) abbiamo avuto Crescita del PIL, Crescita del deficit commerciale e delle importazioni. Il Paese aveva adottato un cambio fisso col dollaro:

3 pesos per un dollaro.

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Da fine ’95 a inizio ’97 a seguito del peggioramento del saldo commerciale e conseguente aumento del debito estero, il Messico agisce per frenare la domanda aggregata: il PIL rimane pressoché fermo dopo anni di crescita ininterrotta, ma le importazioni continuano a salire ed il disavanzo commerciale con esse.

imageA inizio 1995 il Messico svaluta passando in poco meno di un anno da 3 pesos per dollaro a 8 pesos per dollaro

(oggi siamo a 13 pesos per dollaro)
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Il PIL si riduce di quasi la metà, le importazioni rimangono le stesse ma la bilancia commerciale da passiva diventa fortemente attiva già nel corso del ‘95. Il riequilibrio è in atto e dopo solo 3 anni dalla svalutazione il PIL è tornato ai livelli pre-crisi e malgrado le importazioni siano aumentate del 50% la bilancia commerciale è in equilibrio. Questo ultimo fenomeno testimonia la capacità della svalutazione di ricomporre in maniera competitiva i saldi commerciali con l’estero

Grecia

In Grecia i primi 3 anni del quinquennio che ha preceduto la crisi (ossia dal 2006 al 2009) abbiamo avuto Crescita del PIL, Crescita delle importazioni e crescita del deficit commerciale. Il Paese aveva adottato un cambio fisso con l’ Euro:

340 dracme per un Euro.

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Da fine 2008 a tutto il 2010 a seguito del peggioramento del saldo commerciale e conseguente aumento del debito estero, le Grecia agisce per diminuire la domanda aggregata: si riducono anche le importazioni, ma il disavanzo commerciale, dopo un primo miglioramento non sufficiente comunque a invertirne il segno, si stabilizza su valori negativi.

A fine 2010 la Grecia ……………    La storia finisce qua.

Se Papandreou si dimostrerà un vero leader non uscirà dall’Euro e sarà costretto a ristrutturare il debito greco avviando una spirale deflattiva che aprirà alla Grecia le porte dell’inferno verso quell’agognato “martirio” che “costituisce spesso l’unica ricompensa”.
Se non si dimostrerà un leader rimedierà all’errore dell’adesione all’Euro, accetterà 3 - 4 anni di sacrifici per poter riportare consumi e saldi commerciali di finanza pubblica su sentieri più percorribili. Sono tanti i Pesi europei che non avrebbero bisogno di Leader.

Sono tanti i paesi europei che avrebbero bisogno di uomini “qualunque” al governo.

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